Approfondimento

effetto Compton

  • Cos'è
  • L'effetto Compton è un fenomeno che si manifesta quando un fotone interagisce con un elettrone, cedendogli energia e deviando dalla sua traiettoria originale.

    Che importanza ha

    La spiegazione di questo effetto fornisce una definitiva conferma del concetto di fotone come quanto di energia. La dimostrazione della spiegazione fu data nel 1923 da Arthur Holly Compton (1892-1962) che per questo suo lavoro nel 1927 ottenne il premio Nobel per la fisica.

  • Realizzazione sperimentale
  • Compton inviò un fascio monocromatico di raggi X di lunghezza d'onda l su un blocco di grafite e misurò, per vari angoli di diffusione, l'intensità dei raggi X in funzione della lunghezza d'onda.

    Per quanto il fascio incidente abbia una sola lunghezza d'onda l, i raggi X diffusi hanno picchi d'intensità a due lunghezza d'onda; uno di essi corrisponde alla lunghezza d'onda incidente, l'altro alla lunghezza d'onda l' che è superiore alla precedente della quantità Dl. Questo Dl, chiamato spostamento Compton, varia col variare dell'angolo a cui sono osservati i raggi X diffusi.

     

    dispositivo sperimentale di ComptonDispositivo sperimentale di Compton.
    Raggi X monocromatici di lunghezza d'onda l incidono su un blocco di grafite. Viene misurata la distribuzione dell'intensità in funzione della lunghezza d'onda dei raggi X diffusi a diversi angoli j. Le lunghezze d'onda diffuse si misurano osservando le riflessioni di Bragg prodotte da un cristallo; le intensità si misurano con un rivelatore come una camera di ionizzazione.

    Risultati sperimentali di Compton.
    La linea verticale a sinistra corrisponde alla lunghezza d'onda l, quella a destra a l'. Vengono mostrati i risultati per quattro diversi angoli di diffusione j. Notare che lo spostamento Compton Dl per j=90° è di h/m0c=0,242 Å.

    [da: D. Halliday, R. Resnick, op. cit.]
    risultati sperimentali di Compton


  • Discussione dell'effetto osservato
  • La presenza di un'onda diffusa di lunghezza d'onda l' non può essere spiegata se i raggi X incidenti sono considerati come un'onda elettromagnetica. In questo caso, infatti, l'onda incidente, di frequenza n, fa sì che gli elettroni del blocco su cui avviene la diffusione, oscillino alla stessa frequenza. Questi elettroni oscillanti, paragonabili alle cariche che si muovono avanti ed indietro in una minuscola radioantenna, irradiano onde elettromagnetiche della stessa frequenza n. Quindi nella descrizione ondulatoria l'onda diffusa dovrebbe avere le stessa frequenza e lunghezza d'onda dell'onda incidente.

    Compton fu in grado di spiegare i risultati sperimentali da lui ottenuti postulando che il fascio di raggi X incidente non fosse un'onda, ma un insieme di fotoni di energia E=hn e che questi urtassero gli elettroni liberi nel blocco su cui avviene la diffusione, proprio come se si trattasse di palle da biliardo. I fotoni di rinculo uscenti dal blocco costituiscono, sotto questo punto di vista, la radiazione diffusa. Dato che il fotone uscente trasferisce un po' della sua energia all'elettrone con cui entra in collisione, il fotone diffuso deve avere un'energia minore E'; pertanto dovrà avere una frequenza inferiore n' che implica una lunghezza d'onda più elevata l'. Questa descrizione rende conto almeno qualitativamente dello spostamento di lunghezza d'onda Dl. Si osservi come questo modello a particelle della diffusione dei raggi X sia diverso da quello basato sulla descrizione ondulatoria.

    Analizziamo quantitativamente una singola collisione fotone-elettrone.
    La simulazione proposta rappresenta una collisione fra un fotone ed un elettrone; si fa l'ipotesi che l'elettrone sia a riposo ed essenzialmente libero, cioè non legato agli atomi del diffusore. Applichiamo a questa collisione la legge della conservazione dell'energia. Siccome gli elettroni di rinculo possono avere una velocità v paragonabile a quella della luce dobbiamo usare l'espressione relativistica dell'energia cinetica dell'elettrone. Sfruttando l'espressione E=hn ed il fatto che il calcolo dell'energia cinetica deve tener presente che la massa varia con la velocità (ovvero scrivendo l'energia cinetica nella forma Ec=Dmc2), possiamo scrivere:

    hn=hn'+(m-m0)c2


    in cui il secondo termine del secondo membro rappresenta l'espressione relativistica dell'energia cinetica dell'elettrone di rinculo, dove m è la massa relativistica ed m0 la massa a risposo dell'elettrone. Sostituendo c/l a n e c/l' a n' si può scrivere:

    equazione


    Applichiamo ora la legge di conservazione della quantità di moto alla collisione. Per prima cosa ci occorre un'espressione dell'impulso del fotone. Se un oggetto assorbe totalmente un'energia U da un fascio parallelo di luce che incide su di esso, il fascio luminoso, secondo la teoria ondulatoria della luce, trasferisce simultaneamente all'oggetto un impulso dato da U/c. Nella descrizione a fotoni immaginiamo che questo impulso venga trasportato dai singoli fotoni, ognuno dei quali trasporta un impulso in quantità p=hn/c, dove h è l'energia del fotone. Così, se sostituiamo l a c/n, possiamo scrivere:

    equazione


    La conclusione che l'impulso di un fotone sia dato da h/l può anche dedursi dalla teoria della relatività.

    L'espressione relativistica della quantità di moto dell'elettrone è data da:

    equazione


    Per la conservazione della componente x della quantità di moto possiamo scrivere:

    equazione

    e per la componente y:
    equazione


    Nostro immediato scopo è di trovare la variazione di lunghezza d'onda dei fotoni Dl (cioè l' - l), in modo da poterla confrontare ai risultati sperimentali. Nell'esperimento di Compton non fu esaminato l'elettrone di rinculo. È possibile eliminare due dei cinque parametri (l, l', n, j, q) che compaiono nelle ultime equazioni scritte. Eliminiamo n e q che riguardano soltanto l'elettrone, riducendo così le equazioni ad un'unica relazione tra i parametri.

    Effettuando le operazioni algebriche necessarie, giungeremo a questo semplice risultato:

    equazione


    Così lo spostamento Compton Dl dipende solo dall'angolo di diffusione j e non dalla lunghezza d'onda iniziale l. Quest'ultima equazione prevede, entro gli errori, gli spostamenti Compton osservati sperimentalmente. Si noti dall'equazione che Dl varia da zero (per j=0, che corrisponde ad una collisione "di striscio") a 2h/m0c (per j=180°, che corrisponde ad una collisione "frontale" ove il fotone incidente rimbalza all'indietro).

    Rimane da spiegare la presenza del picco per il quale la lunghezza d'onda non varia nella diffusione. Si può spiegare questo picco come risultante da una collisione fra fotoni ed elettroni legati a ioni del blocco su cui avviene la diffusione. Nelle collisioni gli elettroni legati si comportano come quelli liberi, con la differenza che la loro massa efficace è molto maggiore. Ciò è dovuto al fatto che nella collisione rincula tutto il complesso ionico. La massa efficace M per un diffusore di carbonio è circa uguale alla massa di un nucleo di carbonio. Dato che questo nucleo contiene 6 protoni e 6 neutroni, avremo approssimativamente M=12x1840m0=22.000 m0. Se sostituiamo m0 ad M nell'ultima equazione scritta, vediamo che lo spostamento Compton per collisioni con elettroni strettamente legati è estremamente piccolo, tanto da non potersi misurare.