E' spontaneo chiedersi se e quali fattori possano influenzare
la velocità della luce e se, in particolare, ne esistano che possano
aumentarlo.
Se la velocità della luce infatti potesse essere aumentata, allora
non solo si potrebbe accelerare la rapidità di trasmissione e
di ricezione, ma anche tutti gli strumenti impiegati (come per
esempio gli orologi) potrebbero essere tarati con maggiore precisione
rispetto agli strumenti campione di laboratorio.
FATTORI CHE FAVORISCONO IL RALLENTAMENTO
Come primo esperimento si può misurare la velocità della
luce che attraversi un mezzo diverso, per esempio acqua.
Si sa che le onde di superficie di un liquido si propagano
meno velocemente, per esempio, nell'olio che nell'acqua.
Se queste onde possono rappresentare un'analogia ragionevole
per la propagazione della luce, allora c'è da aspettarsi che
la velocità della luce dipenda dal mezzo nel quale si propaga.
L'esperimento vero e proprio può essere fatto misurando il
tempo impiegato da un impulso di luce per attraversare un
recipiente di vetro, nel quale si sia posto il liquido in
esame.
I risultati mostrano che la luce viaggia in tutti i mezzi
trasparenti più lentamente che nel vuoto: nell'acqua, per
esempio, la velocità è rallentata di un fattore 1,33, nell'aria
di 1,0003.
Perciò, per una soluzione ideale, tutte le informazioni dovrebbero
venir trasmette nel vuoto.
Un secondo problema è di osservare se la misura della velocità della luce dipende dal moto della sorgente della luce stessa. Nel XIX° secolo molti studiosi si erano convinti che tutta la materia, anche nello spazio siderale, era immersa nell'ETERE, un mezzo perfettamente trasparente, nel quale la luce si propaga come un moto ondulatorio, come il suono nell'aria.
Fattori che dovrebbero favorire la variazione della velocità
CASO A
In accordo con la relatività galileiana,
un oggetto messo lanciato nella direzione in cui si muove
l'osservatore in moto deve avere per l'osservatore in quiete
una velocità v= v' + vo , come si evince da tutti
gli esperimenti effettuati. Lo stesso deve accadere anche
quando l'oggetto lanciato dall'osservatore in moto e un impulso
luminoso, ossia un fotone. La dimostrazione più convincente
dell'effetto del moto della sorgente si ha in un esperimento
con particelle subnucleari chiamate mesoni.
Per il momento
tutto ciò che occorre sapere è che questo tipo di particella
può decadere emettendo due brevi impulsi di radiazione (detti
fotoni). In alcuni esperimenti si è potuto osservare che mesoni m con una velocità maggiore del
99,98% della velocità della luce, nel decadere, producono
fotoni che si muovono ad una velocità misurata di (2,9977
± 0,0004)x 108 m /s, che è in ottimo accordo con
la velocità della luce misurata nel caso di sorgente ferma
Perché non 0 < v < c + c ?
La velocità di propagazione è indipendente dalla velocità
dell'osservatore?
CASO B
Siccome la Terra ruota attorno al Sole alla
velocità di circa 3 x 104 Km/s è molto più realistico
suggerire di osservare una stella lontana e fissa a sei mesi
di distanza: se per esempio la Terra in gennaio si muove verso
la stella, in luglio se ne allontana.
Perciò la luce che proviene dalla stella potrebbe apparire
più veloce in gennaio che in luglio.
Va sottolineato che questo effetto non può essere rivelato
in modo diretto, in quanto anche la velocità della Terra di
3 x 1 04 m sec-1 risulta pur sempre
104 volte inferiore a quella della luce.
Esistono però degli strumenti, chiamati interferometri ottici, che sono in grado di rivelare variazioni di
1 su 106 nella velocità della luce.
INTERFEROMETRO DI MICHELSON.
Il tratto rosso deve essere visto come uno specchio semiriglettente.
La luce incidente sulla prima lamina viene scomposta in
due raggi il primo inviato allo specchio mobile
che lo riflette facendolo passare di nuovo dallo specchio semiriflettente che lo rifrangerà per farlo giungere agli occhi
dell’osservatore.
Le due lastre trasparenti di uguale sezione vengono utilizzate per mantenere
in fase i raggi quando i due specchi sono perpendicolari ai raggi incidenti. Ruotando lo specchio mobile
si ottiene lo stesso effetto dell’interferenza da una lamina d’aria a forma di cuneo( vedi sotto).
Calcolando l’angolo di rotazione dello specchio rotante che determina il passaggio dalla frangia
chiara a quella scura, possiamo determinare la variazione di cammino fra i due raggi che sarà
uguale a ¼ di lunghezza d’onda.
Conoscendo la frequenza della luce incidente avremo che il prodotto della lunghezza d’onda così determinato e della
frequenza sarà uguale alla velocità della luce.
Utilizzando detto apparato dopo aver verificato che era abbastanza sensibile da poter rilevare
la differenza fra le velocità della luce nei due casi precedentemente menzionati, dimostrò che
la velocità era sempre la stessa ossia di 299.792 km/s.
Con grande sorpresa Michelson e Morley non riuscirono a trovare l'attesa dipendenza:
la velocità della luce risulta indipendente dalla velocità
dell'osservatore.
In altre parole, gli esperimenti di interferenza ottica (come quelli effettuati da Michelson e Morley) non danno
nessuna indicazione che il laboratorio, o più strettamente l'apparato di misura, stia muovendosi nello spazio.
Infatti tutti gli esperimenti ottici non sono riusciti a mettere in evidenza alcun moto uniforme del laboratorio
nello spazio.
Per riassumere:
- La velocità della luce dipende dal mezzo nel quale propaga, con un valore massimo nel vuoto;
- in ogni laboratorio la velocità della luce è indipendente dalla velocità della sorgente;
-
gli esperimenti di ottica compiuti in laboratorio (nel nostro caso la terra) non danno alcuna informazione sul moto uniforme del laboratorio stesso.
Questa conclusione, che tra breve si vedrà valida anche per esperimenti di meccanica, vale in realtà per ogni tipo di esperimento.
Queste conclusioni furono una grossa sorpresa e anche motivo di vivissima emozione per i ricercatori del 1800.