L’idea
di utilizzare un fascio focalizzato d’elettroni per un’analisi
spettroscopica localizzata di raggi x appartenne a Hillier nei primi
anni quaranta. Il primo spettrometro a raggi x con sonda elettronica
fu progettato da Castaing alcuni anni più tardi. Questo tipo
d’analisi permise un’indagine non distruttiva di volumi
dell’ordine di micrometri.
Questo strumento lavora non con la luce che deve arrivare
da una lampadina o da uno specchietto e attraversare il preparato ma
da fasci di elettroni
prodotti sotto vuoto da catodi metallici, focalizzati da un sistema
di "lenti" elettromagnetiche, su uno schermo fluorescente
o su pellicola fotografica.
I fosfori presenti sullo schermo sono bombardati continuamente da elettroni,
che emettendo luce permettono di osservare l’immagine direttamente.
Per quanto riguarda la pellicola ha il vantaggio di essere "impressionata"
molto bene dagli elettroni rispetto allo schermo che noi possiamo osservare.
Aumentando la differenza del potenziale elettrico, che serve per accelerare
gli elettroni presenti all'interno del tubo, assieme a lui si varia
anche il potere di risoluzione dello strumento.
Nei più moderni microscopi elettronici per usi nel campo della
biologia si riesce ad ottenere differenze di potenziale dell’ordine
di 100000 volt, che aumentano il potere di risoluzione pari a 0,0004
m m (500 volte maggiore rispetto il microscopio ottico).
Per comprendere quanto affermato dobbiamo
far riferimento all'equazione di De Broglie che considerando gli oggetti
materiali alla stregua di radiazioni associa ad ogni radiazione una
lunghezza d'onda.
Siccome gli elettroni hanno uno scarso potere di penetrazione, è
necessario che i preparati biologici siano disidratati e tagliati in
fettine molto sottili (non superiori a 0,1 m m). Il microscopio elettronico
a trasmissione (TEM) non riesce nell’osservazione di cellule vive;
è anche molto difficile ricostruire tridimensionalmente le strutture
cellulari perché può analizzare solo sottili sezioni.
Immagini tridimensionali sono consentite dal microscopio elettronico
a scansione (SEM).
Nel microscopio elettronico a scansione l’immagine
del campione è ottenuta da elettroni retrodiffusi o trasmessi
e la composizione elementare è determinata con metodi a raggi
x.
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